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  • Immagine del redattoreGiorgio Tarditi Spagnoli

Le Regole Rosacroce di Paracelso

Aggiornamento: 15 giu 2021

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John Augustus Knapp: Paracelso opera l’esperimento della Palingenesi (1895)


Questa è la profonda dottrina dell’Amore che scaturisce dagli insegnamenti Rosicruciani, come testimoniata dalle parole di Paracelso:

Colui che non sa niente, non ama niente. Colui che non fa niente, non capisce niente. Colui che non capisce niente è spregevole. Ma colui che capisce, ama, vede, osserva. La maggiore Conoscenza è congiunta indissolubilmente all’Amore.

L’essere Amore si incarnò in Gesù e noi lo conosciamo sotto il nome di “Cristo”. Cristo Gesù amando l’uomo e la Terra la trasse dalla sua condizione di decadenza nelle grinfie di Lucifero e Ahriman.


E Cristo agisce in quella sottile fessura tra il Passato che non è più e su cui Lucifero ha il dominio; ed il Futuro che non è ancora, sul quale Ahriman ha il dominio. Il Cristo è nell’Eterno Presente.


Alchimia Rosacroce

La dottrina dei Tria Prima, i tre principi filosofici di Sale, Mercurio e Zolfo era alla base della pratica meditativa rosicruciana, poi impiegata in forma di medicina alchemica da Paracelso. I Rosacroce, per mezzo della loro pratica meditativa, percepivano la realtà spirituale dietro la materia, risalendo così ai principi di formazione del mondo dei fenomeni:

  1. Sale Filosofico, il Sal, per cui la cristallizzazione del sale solido in un liquido saturo di sostanza disciolta era come la preghiera che permetteva di cristallizzare le realizzazioni coscienti dei mondi spirituali, così che questi puri pensieri spirituali potessero essere isolati e permanere per le generazioni successive. Come il sale conserva la materia, così i puri pensieri conservano lo spirito. Questi pensieri erano al di fuori della dualità della manifestazione, avendo raggiunto l’eternità dei mondi spirituali potevano dunque essere passati di maestro in discepolo. Gli esseri spirituali, pensando, cristallizzano la sostanza nel mondo fisico.

  2. Mercurio Filosofico, il Mercur, al contrario della cristallizzazione, nella dissoluzione di una cristallizzazione era come l’amore che discioglie ogni ostacolo, dissolvendo ogni forma in un’unica sostanza, arrivando perfino ad avvicinare gli opposti affinché si possano compensare, come i Serpenti del Caduceo di Mercurio che permettono l’apertura delle ali del pomo posto al suo apice. Gli esseri spirituali, amando, disciolgono la sostanza nel mondo fisico.

  3. Zolfo Filosofico, il Sulphur, per cui la sostanza che che viene calcinata, ovvero sottoposta a combustione col Fuoco, si riduce in tre parti: la cenere che cristallizza (Sale), il fumo che si eleva (Mercurio), l’aroma e il calore che si sprigionano (Zolfo). L’ardere nelle fiamme era un sacrificio che gli esseri spirituali compivano per le Gerarchie Angeliche Superiori. Gli esseri spirituali, sacrificandosi, spiritualizzano la materia nel mondo fisico.

Gli esperimenti avvenivano per mezzo dell’Athanor, “il Senza Morte”, un forno che rappresentava esteriormente lo spazio esteriore della loro anima. Gli esperimenti così condotti erano profondissime esperienze spirituali che permettevano al Rosacroce di divenire compartecipe della realtà dei mondi spirituali, delle Gerarchie nonché di percepire l’individualità spirituale incarnata nell’uomo, l’Io il quale aveva un particolare legame con l’Antimonio. Ognuno dei loro esperimenti conduceva ad un risultato esteriore che tuttavia non aveva per i Rosacroce alcun valore: l’oro metallico così prodotto veniva infatti donato in forma del tutto anonima. In questo i veri alchimisti Rosacroce si distinguevano dai cosiddetti “Soffiatori” che, profanando il loro athanor, cercavano di accelerare il processo di trasmutazione dei metalli fisici in oro metallico. Questi furono coloro che originarono la “chimica” come forma esteriore dell’alchimia.


Come possiamo comprendere, la via Rosacroce si rivolgeva in special modo all’alchimia, come scienza della trasmutazione dell’anima.

In realtà, su questo lavoro interiore, nulla è mai stato scritto, e ciò che ne venne scritto, fu sempre da parte di gente che, ignorando la vera condizione delle cose, considerava i fenomeni esteriori come fine a sé stessi. Solo un falso alchimista considerava il valore nella materia ottenuta e nella sua utilizzazione. Un vero alchimista non considerava per nulla la materia che otteneva mediante il processo, ma soltanto il processo stesso e le esperienze che gliene derivavano. La contemplazione del processo e le esperienze interiori, intellettuali e morali, erano l’importante, per lui. Per questo era per tut- ti loro una legge severa di non vendere mai per denaro, ma solo di regalare le materie ottenute. L’uomo di oggi non ha nemmeno una giusta idea di ciò che si possa sentire davanti a simili fenomeni naturali. Il teosofo medioevale sperimentava un intero dramma dell’anima, mentre otteneva così un metallo nel suo laboratorio. Dal processo che occorreva, per esempio, per ottenere l’antimonio provenivano all’alchimista sperimentatore, delle enormi esperienze morali E queste cose dovevano precedere l’attua1e investigazione scientifica. Era una scienza naturale sacra, quella che veniva così perseguita dagli esperti. – Rudolf Steiner, OO130, Mistero e Personalità di Christian Rosenkreutz, p. 21

Era in questo modo che i Rosacroce giungevano all’Immaginazione. Per mezzo di questo stato superiore di coscienza, tutti gli esperimenti condotti nell’Ordine Rosacroce vennero poi trascritti sotto forma simbolica nella summa simbolica chiamata Le Figure Occulte dei Rosacroce, pubblicate poi solo un secolo più tardi da Henricus Matadanus.


Fu dall’alchimia non compresa in questo modo che nacque la chimica, quale studio della trasformazione delle sostanze, studiata per se stessa.

Intraprendendo questi processi colle diverse materie nel laboratorio, lo sperimentatore si abbandonava coscientemente al pensiero che nella salificazione , nella soluzione e nella combustione, egli aveva, davanti a sé, pensieri divini, amore divino e sacrificio divino. Allora scopriva questo: che quando in questo stato d’animo egli vedeva compiersi la salificazione, allora nell’animo suo sorgevano dei puri pensieri che purificavano anche lui. Nell’abbandonarsi alla contemplazione del processo di soluzione egli si sentiva incitato alla amorevolezza, mentre nel processo di combustione sentiva germogliare in sé la volontà di sacrificio al Tutto. E compito di questi processi naturali era appunto di risvegliare in lui questi sentimenti. Ora, il chiaroveggente che avesse osservato, durante questi suoi esperimenti, il teosofo medioevale, avrebbe veduto quanto segue: avrebbe visto la sua aura, che prima del processo era un’aura normale trasformarsi dapprima in un’aura color rame, poi colore dell’argento e poi in una lucentissima aura d’oro. Per questo gli alchimisti dicevano che dalla rozza aura avevano tratto argento ed oro soggettivo. – Rudolf Steiner, OO130, Mistero e Personalità di Christian Rosenkreutz, p. 22

Mercur come centro dei Tria Prima è l’origine della metà inferiore dell’aria (calda e umida) e dalla metà superiore dell’acqua (fredda e umida). Esso è infatti la compensazione degli estremi del Sulphur (superiore) formato da fuoco (caldo e secco) e dalla metà superiore dell’aria (calda e umida) con il Sal (inferiore) formato dalla metà inferiore acqua (fredda e umida) e dalla terra (fredda e secca).


Dunque abbiamo le seguenti corrispondenze tra materia del macrocosmo (mondo) e componenti del microcosmo (uomo):

  1. Sulphur = fuoco + aria superiore = Spirito superiore;

  2. Mercur = aria inferiore + acqua superiore = Anima mediana;

  3. Sal = acqua inferiore + terra = Corpo inferiore.

Se prendiamo il simbolo del Mercur, identico a quello del pianeta Mercurio, abbiamo che il simbolo del Sole (il cerchio col punto) è situato al centro dei Tria Prima. Dunque c’è un’identità occulta tra il Sole come pianeta nel macrocosmo e il Mercur dei Tria Prima nell’uomo. Mercur riceve lo spirito nella coppa lunare (Santo Graal) rivolta verso l’alto, lo vivifica nel Sole centrale e impregna così la materia inferiore rappresentata dalla croce dei quattro elementi.


Le regole Rosacroce di Paracelso

Da quanto esposto si potrà comprendere che le regole di Paracelso sono in effetti il risultato della trasmutazione dell’alchimia interiore secondo i Tria Prima. Questa trasmutazione si ottiene per mezzo della meditazione come introiezione delle trasmutazioni alchemiche esteriori: dove prima queste erano vere e proprie reazioni chimiche, oggi, grazie all’evoluzione dell’anima cosciente, a partire dal 1413, possono essere azioni di vita.


Affinché si possa avere in meditazione una autentica esperienza spirituale è assolutamente necessario che le richieste del corpo fisico, del corpo eterico ed astrale siano minimizzate, fino al silenzio. Il corpo fisico ha bisogni fisiologici (temperatura, sofferenza, stanchezza) il corpo eterico degli istinti (fame, sete, sesso) e il corpo astrale le passioni (piacere/dolore, compulsioni, nevrosi, psicosi). Poiché solo nella neutralizzazione delle rispettive richieste automatiche dei corpi inferiori è possibile raggiungere una condizione di serenità e calma interiori atte a far specchiare lo spirito cosmico nella nostra anima.


È possibile arrivare a questo stato di equilibrio seguendo sette semplici regole che traiamo dal filosofo e medico Paracelso, che operò come taumaturgo nella corrente Rosacroce:

  1. La prima è quella di migliorare la salute. Questo richiede una respirazione, il più spesso possibile, profonda e ritmica, riempiendo bene i polmoni, all’aperto o davanti a una finestra aperta. Bere ogni giorno a piccoli sorsi, circa due litri di acqua, mangiare tanta frutta, masticare i cibi il più perfettamente possibile, evitare alcool, tabacco e medicine, a meno che, per qualche motivo grave, non siate sottoposti a trattamento medico. Fare il bagno giornalmente dovrebbe essere un’abitudine che dovete alla vostra dignità.

  2. Bandite assolutamente dalla vostra mente, per qualsiasi ragione, tutti i pensieri di pessimismo, rabbia, rancore, odio, noia, tristezza, vendetta e povertà. Fuggire come la peste ogni occasione di trattare con persone maldicenti, viziose, vili, mormoratori, pigre, pettegole, vanitose o volgari e inferiori per naturali limiti di comprensione o per argomenti sensuali che costituiscono la base dei loro discorsi o occupazioni. L’osservanza di questa regola è di decisiva importanza: si tratta di cambiare la trama spirituale della vostra anima. È l’unico modo per cambiare il vostro destino, perché questo dipende dalle nostre azioni e dai nostri pensieri. Il caso non esiste.

  3. Fate tutto il bene che vi è possibile. Aiutate ogni infelice ogni volta che potete, ma non nutrite mai un debole per qualsiasi persona. Dovete tenere sotto controllo le vostre forze e fuggire da ogni forma di sentimentalismo.

  4. Dobbiamo dimenticare ogni offesa, anzi, sforzatevi di pensare bene del vostro più grande nemico. La vostra anima è un tempio che non dovrebbe mai essere profanato dall’odio. Tutti i grandi uomini si sono lasciati guidare da quella soave Voce Interiore, ma questa non vi parlerà immediatamente, ci si deve preparare per un certo tempo, distruggendo la sovrapposizione di strati di vecchie abitudini, pensieri ed errori che pesano sul vostro spirito, che è divino e perfetto nella sua essenza, ma impotente per la imperfezione del veicolo che gli si offre oggi per manifestarsi, la debole carne.

  5. Dovete raccogliervi ogni giorno, dove nessuno può disturbarvi, anche per mezz’ora, seduti più comodamente possibile, con gli occhi socchiusi e non pensare a niente. Questo rafforza fortemente il cervello e lo Spirito e vi metterà in contatto con influenze benefiche. In questo stato di meditazione e di silenzio, arrivano spesso le idee più brillanti, che a volte, possono cambiare un’intera esistenza. Con il tempo tutti i problemi che sorgono saranno risolti vittoriosamente da una Voce Interiore che vi guiderà in questi momenti di silenzio, da soli con la vostra coscienza. Questo è il demone di cui parlava Socrate.

  6. È necessario mantenere il silenzio assoluto su tutti i vostri affari personali. Astenersi, come se si fosse fatto un giuramento solenne, dal riferire agli altri, anche al vostro più intimo, di tutto quello che pensate, ascoltate, conoscete, imparate, sospettate o scoprite; per lungo tempo almeno, si dovrebbe essere come una casa murata o un giardino recintato. È una regola della massima importanza.

  7. Non temete gli uomini e non abbiate paura del domani. Mantenete il vostro cuore forte e puro e ogni cosa andrà bene. Non pensate mai di essere soli o deboli, perché ci sono dietro di voi potenti eserciti, che non potete concepire nemmeno nei sogni. Se vi elevate nello spirito, nessun male potrà toccarvi. Il solo nemico che dovete temere siete voi stessi. La paura e la sfiducia nel futuro sono le madri funeste di tutti i fallimenti e attraggono le cattive influenze e con esse il disastro. Se studiate con attenzione le persone di buona fortuna, vedrete che, intuitivamente, esse osservano gran parte delle regole sopra enunciate. Molti di coloro che ammassano ingenti ricchezze, è certo che non sono del tutto delle buone persone, nel senso della rettitudine, però possiedono molte di quelle virtù che sono menzionate sopra. D’altro canto, la ricchezza non è sinonimo di benedizione, potrebbe essere uno dei fattori che conduce alla felicità, per il potere che ci da per compiere grandi e nobili opere, però la benedizione più duratura può essere raggiunta solo attraverso percorsi diversi, dove non domina mai l’antico serpente della leggenda, Satana, il cui vero nome è Egoismo.

  8. Conclusione: non lamentatevi mai di niente, dominate i vostri sensi, fuggite sia dall’umiltà come dalla vanità. L’umiltà vi sottrae le forze e la vanità è tanto dannosa, che è come se dicessimo “peccato mortale contro lo Spirito Santo”.

Le regole come potete ben comprendere sono semplicissime, eppure complicatissimo è per l’uomo, specie nel mondo attuale di consumismo, informazione e instabilità, riuscire a rispettarne anche solo una. È anche vero che cominciando ad allenare la volontà imponendo a voi stessi almeno una di queste regole, le altre seguiranno la prima più facilmente che non forzandole tutte insieme.


Lamentarsi con gli altri

La nostra negatività non deve essere mai proiettata sugli altri “sfogandosi”. Si può trovare un modo per esprimere lo stesso concetto della lamentela creando un nuovo pensiero e non rimuginando su quelli paludati che già si hanno.


Il dolore è “dolce”, contiene in sé un elemento luciferico, tanto che il lamentarsi diventa abitudine, un modo di esprimersi e attirare l’attenzione. “Ho bisogno di aiuto!” si dice, così si è al centro dell’attenzione. Ma inoculare la negatività nel prossimo è volerlo rendere come noi: Narciso farebbe ciò perché ama se stesso per l’unicità della sua sofferenza “Sono speciale perché soffro. Guardami.”


Nei casi più gravi la depressione diviene un modo non verbale di comunicare, si attende un messia che non verrà perché non lo si riconoscerà, così troppo pieni di ciò che non va. La colpa non è nostra, ci si convince così che il mondo è cattivo, l’altro è il problema. Ma in verità il messia di noi stessi siamo noi quando mettiamo da parte il nostro egoismo e facciamo rifulgere il vero Io dell’Essere Umano che redime i corpi inferiori unendosi all’aiuto onnipresente del Cristo e delle altre entità spirituali, “Non Io, ma Cristo in me”.

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